Piove ...a Varese


Piove.
Quando si dice "il cielo piange". Dal vetro vedo sgambettare velocemente il portiere, che con piccoli passetti arriva a destinazione conquistando il marciapiede nel mio lato. Vorrei avvicinarmi per fare due chiacchere al solito, ma questo diluvio universale non mi fa superare la soglia della porta-vetro. E me ne dispiaccio molto, la sua squisita cordialità e le nostre chiaccherate dopo cena diventan per me un piacere abituale a cui non so rinunciare, dopo il caffè e la sigaretta.
Il battere delle macrogoccie su scambiatori, sulla gru, e sui tetti dei capannoni circonda tutta la grande area circostante. E' una grancassa che risuona con mille modulazioni diverse, tanto da fare sembrare Tullio de Piscopo un triste tamburino rincoglionito con 4 suoni a disposizione.
Dopo cena c'è chi si corica presto, chi suona e ascolta musica a volume alto, e chi è circondato dai sui pensieri, come con un filo spinato.
Da qui questa notte non si esce, la testa non si svuota.
La camicia sulla gruccia dopo la giornata di lavoro, intrisa di profumo e anche un pò di fumo.
L'eco della giornata di lavoro appena trascorsa e alcuni appunti e fogli sulla scrivania ancora riluccicano nell'angolo, tra scritte evidenziate brillantemente e piccoli post-it con mezze frasi in corsivo, come rapidi vermicelli.
La tele è accesa, ma è come se non lo fosse.
Il cellullare come un centralino..messaggi e chiamate giornaliere che si cerca di distribuire con cura da una certa ora in poi.
Dal vetro vedo alcuni operai che attraversano il mega cancello elettrico, noncuranti della pioggia a dirotto, senza ombrello, chi con tute da lavoro, chi con i jeans di quelli che tu puoi dir davvero "vissuti" e nessun altro termine sarebbe più appropriato.
Camminano a passo lento, ma in gruppo disunito. Noto che se facessero due passi a sinistra si riparerebbero dall'acqua sotto una tettoia mentre camminano, ma la domanda che ho già in punta di pensiero muore nell'osservare le loro andature. E' come se portassero un gigantesco striscione in mano con su scritto "Piove. Ma, ovviamente, chi se ne fotte".
Alzo il braccio da lontano, mi rispondono allo stesso modo e con un sorriso.
Andrei nelle officine a prendere il caffè, magari se questo diluvio decide di darsi una calmata mi avvicino, oramai sono in jeans e maglietta da battaglia e non temo nulla.
Ma si non è lontano, poi io corro veloce.
Devo anche ricaricare la chiavetta per il coffee, e due risate fra di loro alla macchinetta del caffè non me le voglio perdere, fra mille ferri, laminati, calandre, trapani e quant'altro nella pancia immensa delle officine, soprattutto la notte, quando acquisiscono un fascino tutto particolare. Di mattina dalla finestra degli ufficii sembran solo dei grandi scatoloni vuoti.
Dai su..gambe in spalla e corsetta....
......Eccomi!!! Sono arrivato all'interno, superata la grande entrata..solo un poco bagnato..ora qui di nuovo movimento, di nuovo lavoro..anche a quest'ora...i turni notturni...chi lavora alla sua postazione e chi mi passa vicino...vede che mi scuoto un pò..giusto i goccioloni più impertinenti..Uno mi fa:
"Hey allora? Da queste parti?? Vien giù ehh??...Volevi farti la doccia??"
Risposta: "eh si, prima del caffè mi piace darmi una sciacquata..dai ragazzi, offro io..."

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